lunedì 4 gennaio 2010

sala chirurgica senza agenda

Carissimi
ancora un'incazzatura.
Ultima terapia lunedì scorso.

IO: "Devo fissare l'appuntamento per togliermi il port?"
ONCOLOGO: "No, lo faccio io, ma sarà meglio aspettare una decina di giorni"

Torno a casa, come sapete in pezzi, e stacco i telefoni fino a venerdì, 1 gennaio. E, fra gli auguri vari, trovo questo messaggio in segreteria dal reparto di Oncologia: "Il suo appuntamento per togliere il port è stata fissato". GRRRR, dire per quando mi rovinava la sorpresa? Stizzita, ma non preoccupata, perché immaginavo che si trattasse di una data a dopo le Feste. Comunque per prudenza sabato 2 gennaio ho chiamato il reparto... in fondo chi fa le terapie mica è soggetto ai ponti, no? Invece sì. Reparto chiuso. Manco un'infermiera al centralino per un caso di emergenza o per rispondere alla banale domanda: "Quando dovrei entrare in sala operatoria? "... Perfino io ho un'agenda! Possibile che ad Oncologia tutto continui ad essere affidato al caso?

Stamattina alle 9 mi rimetto al telefono e ho dovuto fare il numero per mezzora prima di trovare libero. Mi risponde un'angelica voce sconosciuta che mi gratifica con il solito TU.

IO: "Vorrei sapere a quando è stato fissato l'appuntamento per togliermi il port".
INFERMIERA: "Sai, ti abbiamo cercata, ma non rispondevi"
IO: "Capisco, ma avevo staccato i telefoni perché l'ultima terapia mi ha distrutta. Comunque quand'è l'appuntamento?"
INFERMIERA: "Io non lo so, ma adesso la caposala va giù in chirurgia a vedere... intanto ridammi i tuoi numeri di telefono"
IO: "Sono nella mia cartella clinica..."
INFERMIERA: "Faccio prima se me li dai nuovamente"

GRRRR, che significa che la caposala "va giù", a piedi? In ascensore? In barella? Telefono e agenda noooooo?

Aspetto fino alle 11 e niente, nessuna comunicazione.
Infine decido che devo uscire per fare la spesa, pena la morte per inedia, visto che le Feste e la mia immobilità hanno vuotato la dispensa fino alle riserve.
Torno alle 13 con la mano destra resa inabile, perché rimasta in tasca ad avvolgere il cel.
Richiamo Oncologia.
Stavolta riconosco la voce della sbrigativa caporeparto.

IO: "Vorrei sapere quando è l'appuntamento per togliermi il port"
CAPOREPARTO: "Lei ce l'aveva stamattina, ma non siamo mai riusciti a trovarla"
IO: "Lo so, ma l'oncologo mi aveva detto non prima di dieci giorni..."
CAPOREPARTO: "Invece poi abbiamo deciso che stamattina si potevano sistemare un po' di cosine in sospeso..."
IO: "E allora?"
CAPOREPARTO: "Lei adesso è fuori lista..."
IO: "Vuol dire che finirò... a quando?"
CAPOREPARTO: "Non ne ho idea, la chiameremo noi, veda di farsi trovare..."

GRRRRRR, DOPPIO E TRIPLO GRRRRR... mi sento un oggetto! Frequento quel posto da DUE anni, ho cercato di fraternizzare - o meglio di sorelleggiare - ho perfino portato un enorme vassoio di pasticcini per il personale infermieristico, non ai medici perché loro sono già al centro di una giungla fra piante e costosi bonsai (secondo me i bonsai sono un'esternazione di come si riduce psicologicamente un malato di cancro che dipende da un reparto del genere). GRRR, non cerco favoritismi, ma un minimo di partecipazione ai miei guai sì!!!!

Calma! Non sono un'isterica

Considerazioni:

1) Il port, da quanto ho letto, si può tenere fra i due e i tre anni. Ma lo stesso oncologo, nella penultima seduta, mi aveva detto che il port può comunque essere veicolo di infezioni, quindi è il caso di toglierlo quando non serve più.
2) Il port ha bisogno di manutenzione. Lo scopersi per caso, sempre leggendo. Ovvero ogni tre settimane bisogna farsi iniettare un siringone - credo - d'acqua distillata, per evitare coaguli di sangue, ma per questa semplice operazione occorre l'impegnativa del medico curante con fila a carico del paziente.
3) Quando dopo la prima chemio (quattro buchi per beccarmi una vena oltretutto fragile), un consulto fra infermiere e ongologo determinò che io avevo bisogno del port. A quando l'appuntamento (gratuito)? Vaghezza assoluta.
4) Se la vena si rompe durante la chemio sono cazzi acidi, nel vero senso della parola... perché il tessuto circostante viene necrotizzato. Accade quasi mai, ma l'armadietto di pronto intervento per questi casi l'ho visto... c'è scritto a chiare lettere.
5) Capirete che la vaghezza circa l'appuntamento dell'impianto del port mi ha fatto ricorrere ad una clinica privata che ha provveduto nel giro di due giorni in cambio di 1300 euro. Ed è stata dura estorcere la fattura!
6) Non sono allarmista... il port può restarsene qui con me... anche se rischio di tornare allo scocciante punto 2, ovvero la manutenzione (fra meno di due settimane)
7) Vorrei a breve andare a Roma ad un concerto, ma non so se posso comprare il biglietto e fissare l'albergo. E' incoraggiante per una che vorrebbe tornare a vivere?

In questi ultimi due mesi ho tralasciato altre cose di cui avrei voluto parlarvi, oltre alle mie logorroiche cadute di tristezza. Ma questa è una mailing, il diario invece è per me. Anche con annotazioni più gravi di queste in fatto di malasanità. Deduzioni, testimonianze, finanziamenti, silenzi, complicità... che merdaccia! Vera o sospetta che sia!

La massima di un mio amico che si è coerentemente defilato in base alla stessa è: "Quando un'assemblea (studentesca) è giunta alla fine, bisogna avere la determinazione di chiuderla, perché oltre quel limite tutte le parole sono inutili e noiose".

Sento di essere arrivata a quel limite.
Tronco qui la mailing e il blog.
Si torna alla normalità, ovvero solo risposte individuali.
Un GRAZIE enorme a tutti per le "ole", per il "tifo" e per i vostri pensieri positivi. Ai pochi rimasti a cuccarsi in differita la mia avventura.
Adriana, l'Amazzone... ora un po' stanca e provata.

Bambole & Fabbriche

Carissimi
lunedì scorso ho fatto l'ultima terapia. Ed è stata dura, molto dura... per questo ho tenuto il telefono staccato per giorni. Ero a terra sia fisicamente che psicologicamente. Suppongo che mi sia stato presentato il conto di due anni di lotta e tensione, oltre che di veleni, seppure benefici. Ora, dopo che mi avranno tolto il port, entrerò nella routine dei controlli semestrali. Ma non riesco a sentire il sollievo che avrei immaginato... mi sento "sbandata". I tempi sembrano lunghi, ma invece accade tutto così in fretta... avevo dato le dimissioni da un lavoro che non capivo più per potermi riappropriare della mia vita, che senza dubbio andava sistemata in dimensione più umana perché troppe erano diventati i motivi di frustrazione. Passarono solo tre mesi, durante i quali, seppure con smarrimento e fatica, riuscii ad assestarmi e a trovare un obiettivo: scrivere un libro sul culto della Dea Madre a Malta. Raccolta un'enorme mole di materiale scritto e fotografico, nonché le idee, stavo per "intigere il pennino", quando la mia vita è stata costretta ad una nuova drammatica svolta, quella del cancro. Anche in questo caso, ho dovuto trovare un nuovo assetto e, fra alti e bassi, ci sono riuscita, anche se è stato come tornare ad un lavoro che mi succhiava tempo ed energie, senza poter contare se non sulle mie forze. La notizia della guarigione (24 ottobre) è stata scioccante quasi come quella dell'annuncio della malattia e facevo fatica a comunicarlo senza mettermi a piangere. Ma poi è continuata la routine delle terapie e l'emozione si è smorzata, come se tutto fosse stato dilazionato, prima del prossimo salto.
Ora, invece, ci siamo. Mi ritrovo come quel 17 ottobre, quando furono rese effettive le mie dimissioni dal lavoro, o come il 3 febbraio quando mi "svegliai" una mattina con il cancro: cioè con una vita da riprogrammare, per la terza volta in meno di tre anni. E non metto nel conto le "vite passate". Ma ora non ho più 20 o 30 anni: anche da piccole cose, mi sono resa conto di non avere più l'elasticità, o meglio la pronta adattabilità, di cui mi vantavo un tempo. Mi sento in bilico fra l'adagiarmi in una routine o seguire la mia natura irrequieta. Per un verso mi concedo l'alibi che devo riacquistare le forze, dall'altro mi sembra - come quando facevo la chemio - di aver perso il sapore per ogni cosa, di avere la bocca impastata di parole che non vanno né su né giù e una lingua di cartone resa arida da paure e incertezze. Quel buon vivere alla giornata che avevo faticosamente conquistato, ora sembra liquefarsi sotto l'afa di tutte le preoccupazioni che avevo accantonato.
Mi guardo il corpo dentro e fuori e non mi riconosco. Durante la malattia aveva subito mutamenti così drastici da suscitare la mia curiosità... così come la mia testa balzana. Ma ora, non provo più lo stesso senso dell'umorismo nei confronti di me stessa, sento più forte quello del ridicolo. Dentro di me sento lo stridore di una fabbrica in cui si lavora il ferro, con ogni suono che copre l'altro. E' una frammentazione di propositi, di input, di voci... Oppure c'è un silenzio e un bisogno di silenzio assoluti. Una bambina ormai grande che torna in soffitta, apre il baule in cui sono conservate le bambole e scava, scava, cercando di capire quale fosse la preferita, se c'è ancora, se l'ha immaginata, se è andata persa... e si sente disorientata perché non capisce più se la preferita di allora continua ad avere lo stesso fascino di oggi. Se avrebbe ancora voglia di cullarla, di coccolarla, di sentirsi fiera per averla. Chiudere la porta nel silenzio della soffitta, significa aprire la porta della fabbrica che stride?
Ieri notte, l'ultima dell'anno, volutamente passata in solitudine, ho tentato di fare qualche proposito "propositivo", poi ho rinunciato, salvo uno: NESSUN PROPOSITO! tanto so che li trasgredirei alla velocità della luce.
Un abbraccio a voi tutti e un grazie al 2010, 2010, 2010... devo esercitarmi a scriverlo... non ero sicura di poterlo fare due anni fa.
Adriana

martedì 22 dicembre 2009

solo neve

Stupido da parte mia, mandarvi ancora una foto.
Anche l'anno scorso c'era la neve, inaspettata, come quest'anno.
E' caduta in una notte in cui non stavo bene. Ma continua a farmi sentire dentro una magia.
Le stanze si illuminano. E' come se tornasse l'estate, ma in un altro modo. Hai voglia di stare dentro, nel tepore, ma anche di stare fuori a respirare quel gelo pulito. E d'estate hai voglia di stare fuori, ma dentro per evitare il caldo.
Le stagioni sembrano un'amaca che vorrei agganciare ai Poli e dondolarmi da un lato all'altro della Terra.
Ma quando mi alzo a fatica dal divano e mi vedo così grossa a causa del cortisone, mi diventa difficile sognare e dormire. Mi sento punita, non assolta.
Adriana

domenica 13 dicembre 2009

auguri di cuore

Carissimi
due anni fa ho inaugurato una Non-Vita che mi ha portato a pensare all'essenziale. Vivere nella normalità, ma tenendomi centrata su ciò che ha senso, anche se sembra insensato.
L'anno scorso, subito dopo Natale, ho fatto una "potatura" fra amici e conoscenti. Cioè fra chi senti in qualche modo radicato dentro e chi invece è chioma al vento. Mi ero giustificata dicendo che avevo acquisito il valore del tempo, anzi del perdere tempo.
Ora, ad un anno di distanza, mi ritrovo con la stessa voglia di "potatura", ma in modo diverso. La prima era stata dettata dallo "sdegno", questa seconda dall'egoismo. Nessuna delle due è edificante, ma è comunque coerente. E non vi tedierò con le spiegazioni.
Ora sto vivendo come con un'assicurazione sulla vita: più vivo, più ci guadagno. Però... adoro Gianna Nannini, quando urla: "Ma la vita è la miaaaa". E anche... "Siamo noi la California, siamo noi la libertà..." .
Vi aspettavate citazioni colte? tipo Nietzsche: "Quando guardo l'abisso non so se sono io che lo guardo o se è lui a guardare me".
Ne volete un'altra? E' particolarmente sulla notizia, visto che alla Scala c'è stata la Prima di "Carmen" e ci hanno rotto i coglioni per giorni.... "C'è un certo fascino nel trovarsi vicino ad un essere pericoloso, soprattutto quando lo si sente dolce e socievole" (Prosper Mérimée".
Sì, ora mi sento un "essere pericoloso", perché ho attraversato il deserto, ho bevuto la mia urina (metaforicamente) pur di farcela; mi sono fatta ustionare dal sole della radio; avvelenare da piante infide... vi ricordate il tasso barabasso che entrava nella mia chemio, ma che è anche un veleno usato da Agata Crhistie? Gli altri Ninja chimici mi hanno sfibrata, invecchiata, deturpata. Ma vivo bene con il mio seno sano e con quello fantasma, ma ricettivo.
Però ancora non mi sono abituata a tante cose.
Qui, secondo me, ci va una sfilza di ;-)))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))) altrimenti viene a mancare la leggerezza nel raccontare con un mezzo che non è consono alle sfumature.

Ho paradossalmente trasgredito alla regola dell'informazione: dare la notizia all'inizio ed essere sintetici nella spiegazione.

AUGURI DI CUORE

Sms e mail hanno abituato a mandare auguri come in catena di montaggio. Unico per tutti, anche per quelli che non c'entrano più e si stupiscono di riceverli.
Voi fate quello che volete, io preferisco mandarvi un augurio che dimostri come ho pensato con affetto inviandolo.
Comincio oggi.
Un abbraccio
Adriana

venerdì 11 dicembre 2009

presepio


Come si fa a festeggiare senza il Festeggiato? Il compleanno, o almeno il pretesto di compleanno, è Suo no? E' stato bravo a riunire così tanta gente diversa, quindi, non solo per la nostalgia dei miei presepi dell'infanzia, ma per essere "politicamente corretta", dedico ogni anno un angolino che ricordi la Sua nascita. L'anno scorso, no! E' stato un anno anomalo, avevo più bisogno di tranquillità che di festeggiamenti. Anche l'amicizia, vi assicuro, può diventare un peso, quando non ci si sente più amici di se stessi. I figli stessi... ancora mi vergogno. Ero sotto Natale. Avevo cominciato le terapie nuove. Mi sentivo uno straccio. Invecchiata di dieci anni in cinque mesi. Ingiusto! La natura benigna fa invecchiare lentamente, i farmaci ti stroncano come in un video-game.
Ho fatto ai figli una terribile scenata di lacrime e accuse. Mi sentivo dentro un nido marcio, volevo allontanarli anche a costo di calci nel culo. Ero così preoccupata ... per la mia inabilità... che poteva condurre alla morte, da sentire il desiderio di insultarli, purché acquisissero autonomia... anche da me... che potevo non esserci più. Ridicolo! La separatezza non obbedisce ad alcun ordine di misura e di tempo.
Però mi sento ancora colpevole per quell'improvvisa sfuriata. Che hanno capito? Erano talmente tante le interpretazioni, che ancora cammino sul bilico di quel ricordo.

Stamattina avevo tutt'altro da fare, fra cui un'analisi del sangue, anche se niente di urgente.
Il cambiamento può essere impercettibile. "Ho il cancro, posso morire". "Non ce l'ho più, riprendo a vivere". Devi nuovamente riorganizzarti. In questo periodo di transizione non è facile. Sono portata a dubitare di tutti e di tutto. Vivere a giornata difficile, semplicemente perché sai che avrai altre giornate. E ti sembra di aver sprecato tutto il lavoro che hai fatto in te stessa.

Confusione, tanta confusione.

Questo piccolo Presepio... nella mia confusione... vi parla.

Grazie
Adriana

mercoledì 9 dicembre 2009

albero finito


Ecco, non c'è molto da dire o da ridire. Sono passati quasi due anni di avventura insieme. Quest'albero è un po' meno gelato dell'anno scorso, ma so che vi darà comunque calore se verrete alla festa del 24. Vi aspetto insime a chi vorrete, ma preparatevi alla lotteria (premi per tutti) il cui ricavato andrà sia all'Airc (ricerca cancro), sia - come sempre - ad Emergency,
Portate qualcosa da mangiare, un po' di vino da bere e tutti gli amici che avete...
Cominciate da subito a dirmi chi verrà, se non altro per il quantitativo di biccchieri di plastica :_)))))))))))))))))))))))))))))))))))))))
Vi abbraccio, grazie per un così lungo sostegno.
Adriana

mancanza di indagine

Sono riluttante a scrivere questo, ma che sta succedendo? Io non sono allarmista, anzi odio questi media che gridano per qualunque cosa, senza dare misura di peso ad alcuna, però sta succednso qualcosa di anomalo. Una donna su dieci nel Veneto, disse il chirurgo che mi operò, ed ebbe modo di ribadirlo in una rete televisiva locale, sviluppa il cancro al seno.
Non ho modo di dubitare di queste statistiche. A meno che io non sia particolarmente sfigata, amiche ed amiche delle mie amiche, nonché madri anziane e quant'altro... si trovano con il cancro al seno. E qui mi perdo... nei miei pensieri... che non possono essere dati, perché sono comunque parziali. Ma c'è qualcuno che può prendersi la responsabilità di ciò che sta succedendo?
Io non faccio parte di alcuna associazione, accolgo testimonianze, e non tramite al blog. Solo con la mailig-list. Sembra una grandine.
Vorrei ripormi in gioco come giornalista. Inchiodare chi non parla. Parlare di mammografie che si spostano da un anno a due, di cancri che si sviluppano in quattro mesi, di ecografie al seno fatte solo a pagamento.
Ma che sta succedendo?
Da dove arrivano la violenza per gettarti nella pena senza respiro, l'imbroglio per prospettarti il taglio di uno o due seni e proproti di ricostruirlo a 70 anni (ricordate l'episodio?)

A me sembra terribile questa mancanza di indagine.

Adriana

domenica 22 novembre 2009

Parole crociate

Carissimi
continuo la mail che ho interrotto l'altra sera.
Stanotte ho dormito profondamente e mi sento un po' meglio, anche dal punto di vista del morale.
Riprendo il racconto ma, possibilmente, senza tante seghe mentali.

ONCOLOGO TARTARUGA

Udite, udite. Per la prima volta in quasi due anni, dopo la visita mi ha congedato con una stretta di mano e abbozzando un sorriso. Un trionfo! Mi sono sentita una "gutta cavat lapidem".
In realtà non gli ho mai fatto una colpa per il fatto di negare quella piccola forma di cortesia, perché pensavo fosse una forma di igiene e forse anche di indolenzimento dell'arto, visto che ogni mezz'ora riceve un paziente. E' anche vero però che ora, quando viene a chiamare il numero assegnato di volta in volta a noi sfigati, dà segno di riconoscermi, anche se ancora non abbozza un saluto.

Una volta nel suo studio gli ho mostrato gli esiti della radiografia ossea e dell'ecografia addominale. Lui si è messo diligentemente a copiare i referti nella mia ormai voluminosa cartella clinica. Ancora una volta mi chiedo: perché su carta? Li riporterà dopo sul pc dove sono più facilmente consultabili o trasmissibili per un consulto? O no? Insondabile metodo di lavoro! Temo che non mi avrebbe detto niente - nel suo consueto, sepolcrale silenzio - se io non avessi chiesto: "Sembrano buoni, no?". "Sì, davvero buoni" mi ha risposto senza alzare la testa. GRRR, esigo un minimo di gratificazione! quindi aggiungo: "Potrei figurare nel vostro medagliere...". Annuisce alla mia "spiritosaggine", ma perché ho la sensazione di essere Cappuccetto Rosso, alla quale il Lupo Cattivo dice: "Vieni vieni bambina che il bello succederà dopo?".
Ma perché quest'oncologo si appiattisce in uno stato di ineluttabilità che deprimerebbe anche la festa di compleanno di una novantenne? Mica puoi fare la festa di compleanno di una novantenne pensando che potrebbe morirti il giorno dopo!

Lo guardo quest'oncologo per la... grosso modo... trentesima volta in due anni e riscontro ancora quella sua espressione da piccola tartaruga dentro un acquario... Accidenti, ora capisco! Ecco perché talvolta nei miei sogni compaiono queste tartarughine che mi inquietano tanto, pur avendo avuto io stessa tartarughe. Peggio, roba da psicanalisi, quando il mio cancro si è evidenziato - dalla sera alla mattina - l'avevo subito definito a guscio di tartaruga, perché il seno era coperto da una piastra concava sopra e molle sotto. Potevo perfino sentire i bordi!
Però non sono così fuori di "seno", da non accorgermi che lui sembra davvero una tartaruga... così lento, indifferente, meticoloso nel masticare anche solo una foglia di insalata, protetto dalla corrazza.
"Come sta?"
Mi verrebbe da rispondere: "Da Dio!", tanto per vederlo reagire positivamente. Ma l'unico argomento che l'appassiona (?) è l'andamento dell' influenza "Topo Gigio", contro la quale ha deciso di non vaccinarsi. Quindi lo incalzo: "Mio figlio ha avuto l'influenza, io no. E lei?". "Io un grande raffreddore che spero mi metta al sicuro di avere l'influenza normale".
Usssignooor, ma dove sono? Una diagnosi fra raffreddore e influenza si può avere? Ma che vado ad elucubrare? Tre settimane fa giravano mascherine (ricordate che l'avevo detto?), ora sono già optional.

Mi permetto di aggiungere: "Però non sto così bene... da un paio di settimane a questa parte, e potrei dire che è uguale ad un anno fa quando ho cominciato a prendere il Femara (killer di estrogeni) cioè sembro entrata in una terza menopausa (che palle!) con deficit fisico e psichico". Lui tende il collo grinzoso verso di me e sembra trasgredire al "corsetto" della corrazza. Dice: "La Natura ha le proprie esigenze, cerca sempre di recuperare ciò che le viene sottratto. Probabilmente il suo corpo si sta ribellando al Femara".
Bravo Tartaruga, sto ancora in guerra. Io sono un'amazzone, ma tu quando diventerai Ninja?

POSTAZIONE INFERMIERE

Con qualcuna stiamo socializzando... mi salutano con cordialità e si ricordano il mio nome... rispondono ridendo alle mie battute... A un paio, nella saletta dove mi infilano l'ago del port (quindi senza frustrare altri pazienti), ho confidato che sono ... a termine, nel senso positivo.
Onestamente mi sarebbe piaciuto un bacio sulla guancia e sentirmi dire: "Bravaaaaa". Invece mi hanno rivolto un sorriso di convenienza, senza nessuna parola di congratulazione. Mi sono sentita a disagio, come un animale che, sfuggito da una trappola, sa che incapperà in un'altra e fa anche la figura della deficente per non saperlo.
Mentre ero sotto flebo è arrivata anche la psicologa volontaria (ve la ricordate?).
La "pera" di Valium che mi fanno prima del farmaco potrebbe farmi pisolare, ma il casino è troppo intorno a me. Leggere è faticoso perchè non riesco a tenere il filo, le parole sembrano staccate le une dalle altre. Cerco di passare il tempo facendo parole crociate, almeno quelle sono una per volta, e tanto per non soccombere alle idiozie dei discorsi e della tv. Potrei portarmi Ipod, ma - sotto Valium - ogni suono mi sembra irritabile.
E' tornata quella con una bellissima parrucca di lunghi vcapelli, ma che sta morendo di anoressia... non di cancro, secondo me. C'era una che stava a cuccarsi sacche di sangue per quattro ore, più intervalli per "digerire". C'è quella con la coperta di cashimere e il marito che controlla goccia a goccia la flebo, ecc.
Ci sono i maschi, ovviamente. Completamente prostrati, al limite dell'inconsapevole. Si rianimano solo quando uno dei numerosi flaconi ha finito di gocciolare... allora chiamano per nome le infermiere e pretendono la sostituzione del flacone in tempi rapidi, anche se suonano cip cip da diverse parti contemporaneamente.
"Cip cip" l'ho inventato io. "infermiera, è il mio che sta cinguettando..."
Un sorriso, solo un sorriso vero, partecipe.
"Mi mette una flebo di spriz?"
E qualcuno rispondesse: "Io ci metto le olive"

Dare allegria, non è ridicolizzare. Infondere fiducia, non è smentire la previsione a termine.

Adriana

ps. le parole crociate portano a fraintendimenti. Una sembra giusta e poi si rivela incongrua con le altre.

Rimetto le frecce al curaro nella mia faretra da amazzone e mi siedo sotto un albero per capire perché il reparto di Oncologia - nel suo complesso - è così freddo e sbrigativo

Giacinti


Carissimi
mi restano ancora due terapie e un appuntamento in sala chirurgica per levare il port (l'amico che mi ha facilitato le flebo). Verso la fine di gennaio, dopo due anni, dovrei aver concluso la mia avventura e tornare libera cittadina, salvo i controlli di rito.
Quando mi guardo non mi vedo male, faccio ancora la mia figura. Però mi sono fregata ben più di due anni di età biologica... almeno 5! E' il prezzo da pagare a malattie gravi, alle quali si tiene testa (testa? lasciamo perdere la testa, finché ti fanno queste pere!). Il rapporto corpo-mente si fa più stretto in questi casi, perché il concetto "mens sana in corpore sana" interferiscono fra loro a causa dei bombardamenti. Sotto un bombardamento, correndo nei rifugi o stando impietriti nella poltrona della propria casa, mentre tutto crolla, che risponderesti a qualcuno che ti dice "mens sana in corpore sano"? Lo manderesti a cagare. Mi mando a cagare per prima!
Afferrare - come in un puzzle - tutte le tessere di ciò che ci compone è già una grossa conquista, cercare di metterle insieme una fatica improba, trovare il disegno...
Io ho imparato a ricamare da "Le Mie Reverende Madri" e loro mi dicevano che la vita è come il ricamo, il retro confuso, davanti l'immagine chiara, ovvero quella di Dio. Filosofia spicciola, perché noi bambine guardavamo più all'immagine ottenuta, che ai pasticci dietro.
In Turchia e Tunisia, ho visto donne accoccolate dietro al telaio che dovevano solo immaginare ciò che i loro nodi producevano sul davanti. Facevano matematica, da un lato, producendo fantasia nell'altro. Mi sento inferiore a loro. Io ricamavo sul davanti e volevo la certezza del risultato apparente, trascurando i nodi disordinati del dietro. Loro intessevano nodi con la certezza che il disegno sarebbe stato coerente su enrambi i lati.

GIACINTI

Quando ti dicono che hai il cancro diventi come una patata secca. Il corpo tutto è una patata secca. Sembra non avere più sbocchi, tanto si rinchiude.
Ora ho messo questi bulbi di giacinto in acqua. E mi sento come loro in questa mia "non ancora" convalescenza, con radici deboli, dipendenti dall'acqua, tendenti a germogliare.

SALA CHEMIO

No. Ora sono troppo stanca. Domani, forse.
Voglio scappare da quel posto.

lunedì 2 novembre 2009

Cuore matto

Lo so. Lo so, quando non si da dove cominciare, da dove si deve dare l'essenziale. E ancora si svicola. Innocentemente. Assolti. Lo faccio con voi, voi con me. La tentazione è di raccontarsi, non di raccontare.
L'idraulico che sta per cambiarmi la decrepita caldaia ha una miocardiopatia diilatativa. E' del '50, come me. Lui mi ha raccontato che che l'origine del suo male è stata una tonsillite mal curata molti anni prima.
Non si è ancora messo in lista per il trapianto di cuore.
Nuota, corre e scopa, anche sei il suo cuore - a quanto mi ha detto - va al 18 per cento del potenziale, grazie anche al pace maker.
E' intenzionato non solo a vivere, ma a vivere bene... è dimagrito di 15 chili.
Il cuore non solo non è peggiorato, ma ha recuperato del 30 per cento in funzionalità.
Lui ora si sente benissimo, ma ha consultato un altro cardiologo, il quale gli ha detto che sta prendendo farmaci da eliminare.
Vive non sapendo cosa fare:
1) Mi metto in lista per il trapianto
2) Prendo tutte le pillole che mi ordina il cardiologo di fiducia
3) Come posso dire al cardiologo di fiducia che mi riceve in ogni momento, che un altro cardiologo mi dice di smettere con alcuni farmaci?

GRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR

Non basta essere malati? Bisogna anche essere stressati?
Il sistema sanitario è una "scheggia impazzita", dove anche Topo Gigio diventa plausibile

Cerco di esserci

Adriana